sabato 23 gennaio 2016
La partenza di Kandro
Esce dalla miniera dopo aver controllato che gli operai (PNG) stiano procedendo con quanto aveva spiegato loro. Nessun errore negli scavi quindi nessun pericolo per le fondamenta della città. Si spazza polvere e pietrisco dalle vesti sovrappensiero fino a quando non si accorge di essere arrivato al carro, quel carro che è stato per tanti giorni la sua prima dimora quando arrivò a Shiprock. Si siede sui gradini e si guarda intorno mentre, senza volerlo quasi, le sue mani iniziano a smuovere la terra proprio davanti alla piccola scaletta che porta all'interno del carro. Shiprock è cambiata dal giorno del suo arrivo, ora è una città nel vero senso della parola. Commercio, alleanze, nuovi cittadini, nuovi volti, gente anche con ruoli importanti viene a fare visita all'Ubar. A forza di smuovere la terra le sue dita trovano finalmente quella pietra che lui aveva sepolto il giorno in cui era stato accettato come cittadino; la sfrega sui pantaloni e la fa risplendere come il giorno in cui il suo vecchio maestro gliela aveva donata. Alza la testa e di nuovo il suo sguardo si sposta sugli edifici della città ora sempre pieni di gente, voci che si accavallano, risate, ordini... insomma il classico rumore di sottofondo di ogni città. Si alza e si dirige verso la sede dei Gialli, entra e si dirige verso la camera per cambiare gli abiti sporchi. Aperto il baule si blocca quando scorge i suoi vecchi abiti di colore verde, lisi, strappati. Con lentezza li prende e li stende sul letto, si spoglia dei suoi abiti, abiti di colore giallo, rimane in piedi nudo per qualche secondo e poi senza esitare infila quei vecchi e consunti pantaloni e quel maglione. Gira la testa e nell'angolo lontano vede ciò che ancora manca...il suo zaino. Lo prende per gli spallacci ma senza caricarselo, lo appoggia giusto il tempo per infilarsi gli stivali per poi metterselo sulle spalle. Uscito dalla sede dei Gialli si dirige, senza farsi notare, verso l'abitazione che divide con la sua compagna, apre la porta ed entra. Rimane fermo un attimo e poi appoggia sul letto la fascia di casta, una pergamena con una mappa di Gor sulla quale ha tracciato una X su una località a nord, un fiore raccolto nel prato fuori da casa, uno zaffiro e un sacchetto di pelle con dentro le sue famose caramelle. Un sospiro lungo e poi esce. Guarda per l'ultima volta la piazza con la sua fontana, la taverna con le sue colonne di legno che avevano la particolarità di attrarre la sua testa facendosi venire dei bernoccoli unici nel loro genere. Ma capisce bene che adesso come adesso non c'è più bisogno di lui, quello che si doveva fare ormai è fatto. Non si dirige verso il cancello, troppe persone lo vedrebbero e gli farebbero domande. Decide di dirigersi verso il bosco per poterlo attraversare senza che nessuno lo noti. Un passo dopo l'altro, senza voltarsi, poi quando anche l'ultima voce sparisce tra i rumori del bosco allunga il passo. "Si lo so, da questa parte la strada è più lunga ma non vedo perchè ti lamenti, sono io che porto te e non il contrario quindi stai zitto o al limte dì qualche cosa di sensato.... no, quello non si mangia e stai lontano da quella pianta che è velenosa...". E di nuovo è solo a meno che non si consideri la compagnia del suo vecchio zaino.
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